Antonia Monopoli, 48 anni
Attivista, lavora in un centro estetico e gestisce lo Sportello Trans di Ala Milano

Foto realizzate da
Attilio Cusani

«Lo sportello è la tolda della nave: da là si vede la rotta percorsa e il mare aperto davanti. Si vedono dubbi,disperazioni, disagi, ma anche le cose che cambiano. La più importante che osservo è che le donne transgender, quelle italiane per lo meno, non si devono più prostituire per vivere. La strada è stata, per anni, l’unica possibilità per noi, e lo dico perché lo so: lo è stata anche per me. Ma adesso una trans che perde il lavoro (e succede spesso come conseguenza del cambiamento) può contare su una rete sociale che la aiuta. Il lavoro è autonomia e dignità per chiunque, per noi, però, è anche una cosa in più: servono soldi per la transizione.
Non vorrei sembrare troppo ottimista, però: vite difficili ce ne sono, eccome. Ragazzini che subiscono violenze in casa, ma devono rimanerci perché non ci sono posti per loro nelle case famiglia. E poi c’è quel perenne senso di insicurezza che ci accompagna. Io stessa, qualche mese fa, sono stata insultata da un uomo che ha risposto al telefono della scuola superiore alla quale pensavo di iscrivermi. Di notte mi ha anche richiamata: “Dove sei, puttana?”, mi ha chiesto. Quando esco di casa mi viene d’istinto di guardarmi alle spalle, sempre».

estratto dal sito: Vanity Fair – Gente comune